Articolo 57 della nostra Carta Costituzionale:
“Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.
Il numero dei senatori elettivi è di duecento, quattro dei quali eletti nella circoscrizione Estero. Nessuna Regione o Provincia autonoma può avere un numero di senatori inferiore a tre; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno.
La ripartizione dei seggi tra le Regioni o le Provincie autonome, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.“
Ciò significa che ogni Regione ha diritto che un certo numero di suoi rappresentanti, indipendentemente dal loro orientamento politico, sieda in Senato.
Ma se i capolista nel plurinominale non sono rappresentanti della Regione nella quale vengono candidati, ma sono stati ivi paracadutati dal segretario del proprio partito, può tranquillamenti verificarsi il caso che una certa Regione resti privi di rappresentanza politica in Senato, o comunque con una rappresentanza ridotta rispetto alla propria popolazione e, viceversa, che altre Regioni siano rappresentate in dimensioni superiori alla loro effettiva popolazione.
Potrebbe sollevarsi un’obiezione a questo semplice modo di ragionare: anche chi non appartiene a quella Regione, nel senso che risiede in altra Regione, può essere validamente scelto dagli elettori per rappresentare gli interessi della propria Regione.
E’ una forzatura, ma può funzionare. Solo a patto, però, che siano gli elettori di quella Regione a sceglierla con il sistema delle preferenze. Se un certo partito politico, quindi, ritiene che un veneto possa adeguatamente rappresentare la Sardegna sarebbe libero di candidarlo in quella Regione, se i suoi elettori potessero scegliere tra quel candidato veneto e altri candidati sardi.
Ma con l’attuale legge elettorale, poco importa che sia stata imposta dal PD all’epoca della segreteria Renzi e che tutti avevano giurato di modificarla subito dopo l’improvvida riduzione del numero dei parlamentari, anche questa forzatura delle regole non funziona.
L’elettore di un partito, che vota giustamente secondo la visione politica a lui/lei più confacente, nel votare quel partito concorre infatti, anche contro la sua volontà, all’elezione di un senatore che non rappresenta la sua Regione, ma altro territorio.
Io non so quali e quanti partiti abbiano fatto o faranno queste scelte di paracadutare candidati al Senato del tutto estranei a un territorio.
E non so, se a legge elettorale data, sia perfettamente conforme alla Costituzione che venga in tal modo eluso il principio della rappresentanza su base regionale e che non sia, invece, necessario per i candidati il requisito della residenza nella Regione nella quale si propongono per essere eletti al Senato.
Non so dare risposta certa, insomma, se la legge elettorale sia o meno incostituzionale nella parte in cui non prevede come requisito la residenza nella Regione per i candidati al Senato nei collegi plurinominali ( i designati dai segretari di partito, quelli che non possono essere scelti dagli elettori).
Ma se fossi un candidato campano al Senato, primo dei non eletti in un collegio plurinominale in Campania dove è stato paraducatato ed eletto un trentino un bel ricorso elettorale lo farei chiedendo al Giudice di trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale perchè dia risposta a tale quesito che non mi pare affatto banale.
Io non ho ancora visto le candidature al Senato dei vari partiti nella mia Sicilia Orientale.
Sono certo, però, che escludo di votare qualsiasi partito che abbia come capolista un residente in Regione diversa.
Io ci tengo, comunque, per quel poco che posso fare, a rispettare lo spirito, se non proprio il dettato, della Costituzione e desidero che in Senato ci siano un numero di siciliani rapportato alla popolazione della Sicilia.
Così farò la mia piccolissima parte: se anche avessi in mente di votare un determinato partito, ove il capolista al Senato sia un paracadutato da altri territori non voterò quel partito e indirizzerò la mia scelta su altro ( potrei fare un’eccezione per il caso in cui il candidato sia un leader di partito che si presenta in più collegi come immagine politica, ma anche in questo caso non sono certo che sia una buona idea).
Magari lo voterò alla Camera, dove la Costituzione non richiede che l’elezione avvenga su base regionale. Sarò dispiaciuto che il mio partito non ritenga che ci siano persone degne di rappresentarlo che operano nel mio territorio, ma posso passarci sopra. Al Senato no, al giochetto dei segretari dei partiti per eludere la rappresentanza territoriale anche in Senato, non mi presto.
E non dimentico che in questa legislatura alla Sicilia è stato assegnato un seggio in meno rispetto a quanto gli sarebbe spettato in base alla sua popolazione. Il grande exploit del Movimento 5Stelle ha comportato alle precedenti elezioni che non avevano un numero di candidati al Senato sufficiente a ricoprire tutti i seggi vinti ( evidentemente non ci credevano neppure loro alle proporzioni del successo che avrebbero riportato).
Anzichè passare avanti ed assegnare il seggio ad un rappresentante regionale, seppur appartenente a diversa forza politica ( nessuno aveva imposto al M5Stelle di candidare un numero di eleggibili minore rispetto ai seggi contendibili), la Giunta per le elezioni, con una scelta ovviamente tutta politica, e nell’indifferenza generale, ha assegnato il seggio non su base regionale, ma ad un candidato del Movimento 5Stelle che non era risultato eletto in un’altra Regione.
Giuochi di palazzo che vorremmo che un giorno terminassero.
Da Siracusa è tutto.